Più tutela ai consumatori per le informazioni false diffuse dal professionista

Pubblicato il 21 ottobre 2013 La Corte di Giustizia Ue, con la sentenza del 19 settembre 2013 relativa alla causa C-435/11, offre una maggiore tutela ai consumatori, definendo una nuova forma di responsabilità assoluta di fronte all’ipotesi di un comportamento commerciale ingannevole messo in atto tramite la diffusione di informazioni non veritiere.

Il caso di specie riguarda la controversia sorta tra due agenzie di viaggio austriache: la prima, che aveva pubblicizzato pacchetti viaggio in strutture alberghiere in esclusiva a seguito di un accordo sottoscritto con gli stessi alberghi; la seconda, che chiedeva il ritiro del relativo materiale pubblicitario e l’applicazione di un divieto per ogni richiamo all’esclusiva, dopo che le strutture alberghiere non avevano rispettato il contratto e avevano fornito gli stessi servizi ad un’altra agenzia di viaggi.

Il ricorso è giunto di fronte alla Corte Ue, che è stata chiamata a specificare alcuni aspetti delle pratiche commerciali sleali messe in atto dalle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno (direttiva 2005/29).

La Corte non ha avuto dubbi nel far prevalere la tutela del consumatore a quella del professionista - inteso, ai sensi della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, come qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle citate pratiche commerciali, agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisca in nome o per conto di un professionista - che pur agendo nel rispetto della propria diligenza professionale ha, comunque, diffuso informazioni non veritiere e così indotto il consumatore medio a prendere delle decisioni di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso.

Il consumatore non può essere privato della sua tutela sul mercato solo perché il professionista (nel caso di specie l’agenzia di viaggio) si è comportato in maniera diligente. Basta semplicemente il fatto che le informazioni diffuse siano false per far scattare la responsabilità del professionista che offre servizi sul mercato.

Così, la norma sulle pratiche commerciali ingannevoli, di cui all’articolo 6 della direttiva 2005/29, prevale ogniqualvolta vi è la diffusione di una notizia non vera a prescindere dal comportamento di colui che offre i beni/ servizi sul mercato e non può sottostare ai requisiti dell’articolo 5 della stessa direttiva, che vieta le pratiche commerciali sleali e fa esplicito richiamo alla diligenza professionale.

La finalità dell’articolo 6 è, infatti, quella di tutelare il consumatore dalle più frequenti pratiche commerciali sleali in modo automatico, soprattutto nel caso in cui lo stesso consumatore riceve informazioni false.
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