La Corte europea dei diritti dell’uomo si è pronunciata nell’ambito di un giudizio concernente la perquisizione effettuata dalle autorità fiscali italiane presso una casa di titolarità del ricorrente, dove risiedevano la compagna e i figli.
In questo, con sentenza del 27 settembre 2018 (ricorso n. 57278/11 - Brazzi contro Italia), ha ravvisato una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare dell'interessato, ai sensi dell’articolo 8 della CEDU.
Per la Corte, ossia, la perquisizione che era stata posta in essere aveva costituito un'interferenza da parte delle autorità pubbliche nel diritto alla privacy del ricorrente.
Nessun giudice, in particolare, aveva esaminato la legalità e la necessità del mandato di perquisizione nella casa di questo, mandato che non aveva avuto, quindi, né un controllo giudiziario preventivo né un efficace controllo a posteriori.
In detto contesto, la legislazione nazionale non aveva fornito garanzie sufficienti contro l'abuso o l'arbitrarietà prima o dopo la perquisizione.
Per i giudici di Strasburgo, ossia, le garanzie procedurali previste dalla legge italiana non si erano rivelate sufficienti a prevenire il rischio di abuso di potere nell’ambito dell'inchiesta penale e ciò in assenza di un controllo preventivo giurisdizionale o di un'efficace revisione a posteriori della misura contestata.
Conseguentemente, la persona interessata non aveva beneficiato di un "controllo effettivo" come sancito dallo Stato di diritto in una società democratica.
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