L’INPS ha contestato ad un lavoratore dipendente il diritto di usufruire dei riposi giornalieri per 2 ore al giorno sino al compimento dell'anno della figlia (c.d. permessi giornalieri per allattamento), mentre la moglie lavoratrice autonoma, aveva ripreso il lavoro usufruendo del trattamento economico di maternità nei tre mesi successivi al parto, ex articolo 66, D.Lgs. n. 151/2001.
Per l’Istituto i riposi giornalieri dei padri lavoratori dipendenti al posto della madre lavoratrice autonoma possono essere fruiti solo al termine della tutela apprestata dagli altri istituti posti a presidio dei medesimi bisogni e non sussiste alcuna valida ragione a giustificazione del cumulo dei due benefici durante uno stesso periodo per lo stesso evento a favore del padre quando la lavoratrice madre è autonoma.
Per la Suprema Corte di Cassazione, sentenza n. 22177 del 12 settembre 2018, la norma prevede l'alternatività nel godimento dei riposi giornalieri da parte del padre solo in relazione "alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga" e contempla in maniera ampia il diritto del padre ai permessi "nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente", senza prevedere alcuna alternatività.
Quindi nella seconda ipotesi il padre può fruire dei permessi giornalieri anche nel periodo di fruizione dell'indennità di maternità da parte della madre, non essendo gli stessi permessi legati alla condizione che la madre non se ne avvalga.
D’altra parte la differenza sulle modalità di godimento del diritto trova giustificazione nella diversa condizione lavorativa della lavoratrice autonoma tenuta ben presente dalla normativa che, da una parte, prevede una differente tutela economica per la lavoratrice autonoma rispetto a quella garantita alla lavoratrice dipendente e, dall'altra, consente alla stessa lavoratrice di rientrare al lavoro in ogni momento, subito dopo il parto, e quindi anche mentre sta fruendo dell'indennità di maternità.
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