Permessi dirigente, l’indebita fruizione può costare il posto di lavoro

Pubblicato il 23 febbraio 2019

I dirigenti che utilizzano in maniera indebita i permessi loro spettanti per l’espletamento del mandato (art. 23 della L. n. 300/1970), rischiano il licenziamento per motivi disciplinari. A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4943 del 20 febbraio 2019.

Permessi dirigente, il caso

La vicenda trae origine da un licenziamento disciplinare intimato nei confronti di una dirigente per aver, nel corso di quattro giornate di assenza per permessi sindacali, svolto attività ricreative ed estranee dalle finalità sindacali dei permessi accordati.

La dipendente proponeva reclamo avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Treviso, con cui veniva respinta la sua domanda diretta all'accertamento dell'illegittimità del licenziamento.

La Corte d'appello di Venezia, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava l'illegittimità del licenziamento e, in base al comma 4 dell'art. 18 della L. n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), condannava la società alla reintegra della dipendente nel suo posto di lavoro, rinviando con separata ordinanza la causa ai fini della quantificazione del risarcimento del danno.

La parte datoriale impugnava la decisione dei giudici di secondo grado e ricorreva in Cassazione.

Permessi dirigente, la disciplina

Al fine di sostenere l’attività sindacale, l’art. 23 della L. n. 300/1970 concede ai dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali (RSA) particolari permessi retribuiti per l'espletamento del loro mandato. Salvo clausole più favorevoli dei contratti collettivi di lavoro, hanno diritto ai predetti permessi almeno:

Si ricorda, inoltre, che ai fini della fruizione dei permessi retribuiti, il lavoratore deve darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola 24 ore prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali.

Permessi dirigente, la sentenza

I giudici della Suprema Corte accolgono il ricorso proposto dalla società. In particolare, i permessi sindacali retribuiti per i dirigenti provinciali e nazionali delle organizzazioni sindacali possono essere utilizzati soltanto per la partecipazione a riunioni degli organi direttivi, come risulta dal raffronto con la disciplina dei permessi per i dirigenti interni, collegati genericamente all'esigenza di espletamento del loro mandato e come è confermato dalla possibilità per i dirigenti esterni di fruire dell'aspettativa sindacale.

Ne consegue che l'utilizzo per finalità diverse dei permessi (nella specie, preparazione delle riunioni e attuazione delle decisioni) giustifica la cessazione dell'obbligo retributivo da parte del datore di lavoro, che è abilitato ad accertare l'effettiva sussistenza dei presupposti del diritto. Inoltre, l'indebita utilizzazione dei permessi non si traduce in un inadempimento ma rivela l'inesistenza di uno degli elementi costitutivi del diritto; pertanto, in caso di contestazione, qualora il lavoratore su cui grava il relativo onere non fornisca la prova dell'esistenza del diritto, troveranno applicazione le regole ordinarie del rapporto di lavoro e l'assenza del dipendente sarà ritenuta mancanza della prestazione per causa a lui imputabile.

Alla luce della sanzionabilità del comportamento della dirigente, la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio ad altro giudice, per l'ulteriore esame della controversia.

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