La Cassazione, con la sentenza n. 11147 del 29 maggio 2015, intervenendo nella diatriba tra un ragioniere ed il suo cliente in merito all'assistenza in una vertenza tributaria, chiarisce che il ragioniere deve al contribuente il risarcimento del danno da perdita di chance, per:
non aver informato il cliente della possibilità di aderire al condono ex L. 413/91, dopo la sentenza favorevole ottenuta in primo grado;
non aver suggerito il ricorso in Cassazione contro la sentenza sfavorevole del secondo grado;
non aver impugnato la sentenza, così rendendo definitivo l'accertamento, constringendo l'accertato ad aderire al più costoso condono ex L. 289/2002.
Nel caso di specie il ragioniere, pur affermando il contrario, non ha dimostrato di aver diligentemente adempiuto all’incarico datogli dal cliente. Essendo a suo carico l'onere, avrebbe dovuto fornire prova di aver informato il cliente delle diverse possibilità e, sebbene non abilitato a difenderlo in Cassazione, avrebbe dovuto provare di averlo reso edotto dell’impugnazione.
Inoltre, è spiegato che in materia di contratto d’opera intellettuale, una volta che il danneggiato ha fornito la prova di quanto subito, la valutazione del giudice di merito deve considerare un giudizio prognostico per verificare se la pretesa azionata a suo tempo, senza la negligenza del difensore, sarebbe stata in termini probabilistici ritenuta fondata.
La Corte conclude che è risarcibile la perdita di chance se è ravvisabile il pregiudizio di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità e non di mera potenzialità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile.
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