Per l’Anti nel fallimento, dopo la fattura pro-forma, il professionista emette fattura all’incasso
Pubblicato il 01 marzo 2010
Con il focus fiscale ospitato nel Quotidiano l’autore, socio dell’Anti (Associazione nazionale tributaristi italiani), fa il punto sull’Iva spettante per le prestazioni del professionista in caso di fattura pro-forma (da emettere inizialmente come avviene per le prestazioni di servizi) e fallimento del debitore. Nello specifico si pone il problema se trattare l'Iva in chirografo, in privilegio, in prededuzione o in prededuzione condizionata. Con un excursus tra prassi amministrativa (127/E/2008), orientamento della Cassazione e dottrina (ADC, norma di comportamento 91/1986: L'esercizio della rivalsa per l'IVA addebitata per prestazioni di servizi svolte nell'interesse di fallito origina un credito di natura diversa dal corrispettivo della prestazione che pertanto deve essere insinuato nel passivo fallimentare in prededuzione), l’autore conclude che conviene al professionista, per evitare di essere danneggiato, non chiedere l’Iva nella domanda di ammissione al passivo (il credito sorge nel corso della procedura). Ma, è preferibile che emetta fattura al momento del pagamento delle competenze da parte del curatore, per effetto di un riparto, indicando l’importo percepito Iva inclusa, anche se liquidato senza Iva. Successivamente, per il residuo dovrà agire nei confronti della procedura fallimentare eccependo in tale sede l’arricchimento.