Pena pecuniaria al posto della detenzione, anche se l’imputato è in crisi economica
Pubblicato il 18 aprile 2015
Con sentenza
n. 16102 depositata il 17 aprile 2015, la Corte di Cassazione, terza sezione penale, ha accolto il ricorso presentato da un imputato – imprenditore condannato per aver omesso di versare le ritenute previdenziali ed assistenziali sulle retribuzioni dei dipendenti – limitatamente alla parte in cui veniva censurata
la mancata conversione, da parte del Gip, della pena detentiva in pena pecuniaria sostitutiva.
Ha chiarito in proposito la Cassazione, con la sentenza in esame, che la
sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria, sia
consentita anche in relazione a pene inflitte a persone in
condizioni economiche disagiate, in quanto la prognosi di inadempimento – ostativa alla sostituzione ex art. 58 Legge 689/1981 – si riferisce soltanto alla semidetenzione ed alla libertà controllata e non anche alla pena pecuniaria sostitutiva.
Invero, nell’esercitare il potere discrezionale di sostituire la detenzione con la corrispondente pena pecuniaria,
il giudice deve tener conto dei criteri di cui all’art. 133 c.p., tra cui
le condizioni di vita individuale, sociale e familiare dell’imputato e non anche le condizioni economiche.
La Corte territoriale pertanto – ha enunciato la Cassazione annullando con rinvio la statuizione impugnata – avrebbe errato nel negare la sostituzione
de quo, per il solo fatto che l’imputato avrebbe dichiarato di non essere più in grado, in quanto prossimo al fallimento, di adempiere alle proprie obbligazioni.