Peculato tra i reati ostativi? Spazzacorrotti alla Consulta

Pubblicato il 19 luglio 2019

E’ legittima la qualificazione del delitto di peculato sancita dalla Legge “Spazzacorrotti, per come fondante la presunzione legale di accentuata pericolosità?

Il quesito è stato rivolto alla Corte costituzionale dalla Prima sezione penale della Cassazione, sul rilievo che il reato di peculato, in forza della ultima novella legislativa, risulta posizionato all'interno dell'art. 4 bis comma 1 dell’Ordinamento penitenziario.

Con tale modifica - ha spiegato la Suprema corte - il peculato entra a far parte della famiglia delle fattispecie cosiddette ostative, nel senso che l'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione (esclusa la liberazione anticipata) possono essere concesse ai condannati per peculato solo nelle ipotesi di collaborazione effettiva con la giustizia o nei casi di collaborazione impossibile o inesigibile e sempre in presenza di avvenuta acquisizione di elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva.

Nel dettaglio, con ordinanza n. 31853 del 18 luglio 2019, la Suprema corte ha sollevato d’ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 6, lett. b) della Legge n. 3/2019, cosiddetta Legge "Spazzacorrotti"o "Anticorruzione", nella parte in cui inserisce all'art. 4-bis, comma 1, della Legge n. 354/1975 il riferimento al delitto di peculato di cui all'art. 314, primo comma, del Codice penale.

Il dubbio sollevato degli Ermellini verte sulla considerazione della esistenza o meno di una congrua base logico-empirica capace di sostenere la avvenuta qualificazione del delitto di peculato come fondante la descritta presunzione di pericolosità sociale.

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