Con le ordinanze nn. 9256 e 9258 dell'8 aprile 2025, la Corte di cassazione, Sezione lavoro, è tornata a fornire utili precisazioni in tema di validità del patto di non concorrenza.
Il patto di non concorrenza è l'accordo mediante il quale il lavoratore si impegna, per un certo periodo successivo alla cessazione del rapporto, a non svolgere attività in concorrenza con l’ex datore di lavoro, in cambio di un corrispettivo.
Nella decisione, gli Ermellini hanno chiarito che il corrispettivo pattuito per il patto di non concorrenza è distinto dalla retribuzione ordinaria del lavoratore e, in quanto tale, è soggetto a specifici requisiti giuridici. In particolare:
Oltre alla determinabilità, il compenso deve essere equilibrato e proporzionato rispetto al sacrificio imposto al lavoratore, come stabilito dall’art. 2125 c.c., che disciplina i patti limitativi della libertà del lavoratore. A tal fine, non deve essere preso in considerazione né l’utilità per il datore di lavoro, né il valore di mercato dell’obbligazione.
La valutazione del corrispettivo si fonda quindi su un criterio oggettivo di proporzionalità, che tiene conto:
Richiamando un precedente arresto di legittimità (Cass. n. 5540/2021), la Corte ha chiarito che la nullità del patto può derivare da due vizi autonomi, che operano su piani giuridici differenti:
Nullità per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto (art. 1346 c.c.):
Si verifica quando il compenso non è espresso in modo preciso, né può essere ricavato dalle clausole contrattuali.
→ Si tratta di una nullità strutturale.
Nullità per violazione dell’art. 2125 c.c.:
Si verifica quando manca totalmente un corrispettivo, oppure quando esso è simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato rispetto al sacrificio richiesto al lavoratore.
→ Si tratta di una nullità funzionale, derivante dalla violazione della norma speciale.
Infine, la Corte ha ribadito l'importanza di una valutazione rigorosa del patto, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, per verificare la reale equità del corrispettivo.
Come affermato nella sentenza n. 9790/2020, ogni elemento del contratto deve essere esaminato attentamente al fine di evitare iniquità nelle condizioni imposte al lavoratore.
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