Patto di non concorrenza: oggetto e corrispettivo

Pubblicato il 28 maggio 2020

Nell’ordinanza n. 9790 del 26 maggio 2020, la Corte di cassazione ha riepilogato alcuni principi di diritto in ordine a finalità, oggetto e corrispettivo del patto di non concorrenza di cui all’art. 2125 c.c., ossia il patto con il quale si limita lo svolgimento dell'attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto.

Clausole di non concorrenza, condizioni

Ha così precisato che le clausole di non concorrenza sono finalizzate a salvaguardare l'imprenditore da qualsiasi "esportazione presso imprese concorrenti" del patrimonio immateriale dell'azienda, nei suoi elementi interni (organizzazione tecnica ed amministrativa, metodi e processi di lavoro, eccetera) ed esterni (avviamento, clientela, ecc.).

Detta clausole - a tutela del lavoratore subordinato e affinché non vengano eccessivamente compresse le possibilità del medesimo di poter dirigere la propria attività lavorativa verso altre occupazioni - devono essere subordinate, ex art. 2125 c.c., a determinate condizioni, temporali e spaziali, e ad un corrispettivo adeguato, a pena della loro nullità.

Oggetto del patto di non concorrenza: estensione

Per quel che concerne, poi, l'estensione dell'oggetto delle clausole di non concorrenza, si deve avere riguardo all'attività del prestatore e a quella attività del datore di lavoro.

Ne consegue che vanno escluse dal possibile oggetto del patto, poiché inidonee ad integrare concorrenza, attività estranee allo specifico settore produttivo o commerciale nel quale opera l'azienda.

Il patto di non concorrenza, così, può riguardare qualsiasi attività lavorativa che possa competere con quella del datore di lavoro e non deve quindi limitarsi alle sole mansioni espletate dal lavoratore nel corso del rapporto, "ricorrendone la nullità allorché la sua ampiezza sia tale da comprimere la esplicazione della concreta professionalità del lavoratore in limiti che ne compromettano ogni potenzialità reddituale".

Per quel che riguarda, in proposito, l’identificazione di attività economiche da considerare in concorrenza tra loro, occorre avere riguardo a ciascun mercato nelle sue oggettive strutture, nel quale convergano domande ed offerte di beni o servizi identici oppure reciprocamente alternativi e/o fungibili.

Corrispettivo al dipendente: adeguato

Per finire, gli Ermellini si soffermano sull'ammontare e sulla congruità del corrispettivo dovuto in caso di patto di non concorrenza: l'espressa previsione di nullità, contenuta nell'art. 2125 cod.civ., va riferita alla pattuizione di compensi simbolici o manifestamente iniqui o sproporzionati in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore e alla riduzione delle sue possibilità di guadagno.

E ancora, il corrispettivo del patto di non concorrenza, che non ha natura risarcitoria ma costituisce il corrispettivo di un'obbligazione di "non facere", non è finalizzato ad incentivare l'esodo del lavoratore, né costituisce una erogazione che "trae origine dalla predetta cessazione", ma ha piena autonomia causale rispetto alla fine del rapporto, che è mera occasione del patto.

E’ sulla base di questi assunti che gli Ermellini hanno confermato una decisione con cui la Corte territoriale aveva accertato la conformità di un patto di non concorrenza sottoscritto dalla dipendente di una banca.

Nella sentenza di merito erano stati valorizzate, rispetto alla previsione negoziale, la delimitazione del divieto di operare nell'unico settore rappresentato dal "private banking" e per i medesimi generi di prodotti per i quali aveva operato presso l’originaria datrice di lavoro, con la medesima clientela, la limitazione dell'ambito territoriale e cronologico e la previsione di un adeguato compenso.

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