La sanzione penale per patrocinio o consulenza infedele è riservata ai comportamenti che abbiano luogo nell’ambito di un procedimento, rimanendo escluse, ossia, le attività poste in essere prima dell’instaurazione del giudizio e ad esso prodromiche.
Ed infatti, va interpretata letteralmente la disposizione di cui all’articolo 380 del Codice penale che sanziona la condotta del patrocinatore, infedele ai suoi doveri professionali, il quale arrechi nocumento agli interessi della parte da lui difesa dinanzi all’autorità giudiziaria.
E’ sulla scorta di queste considerazioni che la Corte di cassazione ha annullato una sentenza di condanna per patrocinio infedele pronunciata dai giudici di merito nei confronti di un legale a cui era stata contestata la dolosa inazione rispetto all’azione esecutiva dell’Agenzia delle entrate, per avere omesso di agire in sede di autotutela avverso due avvisi di accertamento notificati alla cliente, una Srl, che l’aveva incaricato a tale scopo.
Secondo la Suprema corte – sentenza n. 28309 del 7 luglio 2016 – la condotta contestata all’avvocato non aveva avuto ad oggetto un procedimento pendente dinanzi all’autorità giudiziaria bensì era riferita solo all’attività esecutiva svolta dalla Pa che esulava dalla nozione di giudizio.
La sentenza di condanna andava dunque annullata “perché il fatto non sussiste”.
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