Parcella gonfiata? Occorrono le prove

Pubblicato il 17 gennaio 2012 Ritenere che la parcella pagata per una prestazione, nel caso di specie la realizzazione di un sito internet, sia “gonfiata”, senza portare prove concrete, non è sufficiente per far emergere il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture in parte inesistenti (art. 2, D.Lgs. n. 74/2000) e quindi procedere con il sequestro preventivo di somme presenti nel conto corrente della società.

Con sentenza n. 920 del 13 gennaio 2012, la Cassazione penale ha confermato l'assunto del tribunale del riesame, a cui si erano appellati i legali della società, che aveva accertato, motivatamente, l'avvenuta prestazione di servizi e la conseguente percezione da parte del professionista della somma fatturata.

Pur esprimendo dubbi sulla congruità del compenso, ritenuto esoso in quanto superiore ai prezzi di mercato, il tribunale ha rilevato l'assenza di prove concrete “per ritenere una sovrafatturazione mirata a costituire elementi passivi fittizi per la società”.
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