Opere “ricostruite” troppo vicino al manto stradale: si applica il Codice della strada
Pubblicato il 12 febbraio 2015
Per quanto riguarda le
distanze delle costruzioni dal
confine stradale, in caso di
opera “ricostruita”
identica ad altra preesistente, non trova applicazione “
analogica” la normativa del Codice civile, bensì quella di cui al
Codice della Strada ed al suo regolamento attuativo.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, prima sezione civile, n.
2656 depositata il 11 febbraio 2015, in accoglimento del ricorso presentato dall’Anas.
Quest’ultima, in particolare, chiedeva la
demolizione di manufatti realizzati, a suo dire,
troppo in aderenza rispetto al
muro di sostegno del manto stradale e pertanto, in
violazione degli artt. 18 e 28 Codice della Strada.
La Corte d’Appello, dapprima, respingeva la domanda, sull’assunto che nel caso di specie avrebbe dovuto trovare piuttosto applicazione la normativa codicistica circa le distanze minime.
L’opera in questione infatti, altro non era che la “
ricostruzione” del tutto fedele di un fabbricato preesistente, mentre, perché potesse trovare applicazione il Codice della Strada, era piuttosto necessaria la realizzazione di un
qualcosa di nuovo e diverso.
Di converso – ha sottolineato la Cassazione – nel caso in esame si è fatto erroneamente riferimento al
criterio analogico per applicare le norme codicistiche in materia; criterio ammesso
solo se nell’ordinamento non vi siano altre norme specifiche regolanti la fattispecie concreta.
Ma in questo caso, le
norme specifiche sono proprio
rinvenibili nel Codice della Strada, a cui si può
derogare solo nel caso di
opere preesistenti alla strada medesima e non anche, come nell’ipotesi in questione, nel caso di loro demolizione e poi
“ricostruzione”, che comporta il risorgere di quel
pericolo alla circolazione stradale che la normativa ha inteso ovviare.