In tema di concordato preventivo, il giudice ha sì il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta, non restando, questo, escluso dall’attestazione del professionista.
Rimane, comunque, riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del giudizio di fattibilità, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti.
Dopo l’approvazione della proposta da parte dei creditori, ossia, il Tribunale non ha il potere di verificare la probabilità di successo del concordato e non omologarlo quando appaia prevedibile un inadempimento del debitore che legittimerebbe i creditori a chiedere la risoluzione del medesimo.
Una decisione di questo genere, infatti, non potrebbe giustificarsi con la probabilità di inadempimento, posto che la relativa valutazione ai fini dell’omologazione è riservata ai creditori ai quali, altresì, spetta anche, dopo l’omologazione, la legittimazione a chiedere la risoluzione.
I ceditori medesimi, del resto, ben potrebbero avere accettato sia il rischio, sia l’eventualità di essere soddisfatti in una misura ed in tempi diversi da quelli preventivati nella approvata proposta.
Sono questi i principi di diritto ribaditi dalla Corte di cassazione nel testo dell’ordinanza n. 16327 del 3 luglio 2017.
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