In tema di reato di omesso versamento dell’Iva, per valutare il superamento della soglia di punibilità di 250mila euro, deve tenersi conto solo ed esclusivamente dell’Iva evasa e non anche degli interessi dovuti per il versamento trimestrale.
E’ questo il principio di diritto enunciato dalla Terza sezione penale della Cassazione nel testo della sentenza n. 46953 depositata il 16 ottobre 2018, con cui è stata annullata, senza rinvio, una condanna penale per il reato di cui all’articolo 10 ter del Decreto legislativo n. 74/2000, ovvero per l'omesso pagamento dell’imposta Iva per un ammontare di 250.808,00 euro.
L’imputato aveva impugnato quest’ultima decisione lamentando il mancato superamento della soglia penale posto che, nella specie, l’Iva a debito era di soli 248.325,00 euro mentre l’ulteriore importo considerato per il raggiungimento della soglia, di 2.483,00 euro, era, in realtà, relativo agli interessi.
Nel testo della sentenza, i giudici di Pizza Cavour hanno evidenziato come, nel reato di omesso versamento di Iva, il superamento della soglia di punibilità – fissata in 250mila euro a seguito delle modifiche introdotte dal D. Lgs. n. 158/2015 – non configura una condizione di oggettiva punibilità, bensì un elemento costitutivo del reato.
Conseguentemente, la relativa mancata integrazione comporta un’assoluzione con la formula piena “il fatto non sussiste”.
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