L’Organismo Congressuale Forense, in occasione dell’8 marzo, Festa della donna, si è espresso, con comunicato, sul disegno di legge di riforma del diritto di famiglia, cosiddetto “Ddl Pillon”, che il Governo avrebbe in cantiere in materia.
Per l’OCF, si tratterebbe di un intervento che, per come anticipato, rappresenterebbe “un passo indietro nel percorso di tutela dei minori e dei loro diritti, con gravi ripercussioni proprio nei confronti delle Donne e della loro condizione economica e sociale”.
L’Organismo di rappresentanza politica dell’Avvocatura si è detto nettamente contrario a questa riforma, con la quale – a detta del coordinatore, Giovanni Malinconico – il nostro Paese verrebbe portato “indietro anni luce nella tutela dei minori e delle Donne, della loro libertà e dei loro diritti”.
Il suo auspicio è che la Festa della Donna sia l’occasione “per un ripensamento da parte del Governo, che riconduca il provvedimento entro i binari del buon senso e delle necessarie tutele garantite ai cittadini dal nostro sistema di Giustizia”.
Nel comunicato dell’OCF, datato 7 marzo 2019, viene quindi fatto riferimento alle specifiche novità contenute nella riforma prospettata.
In primo luogo, l’attenzione viene rivolta all’intervento sulla bigenitorialità perfetta, una misura che, secondo l'OCF, il Governo intenderebbe perseguire "anche a scapito dell’interesse del minore".
Senza contare che - ha sottolineato l’Organismo - il provvedimento non terrebbe in considerazione né il fatto che l’affidamento condiviso ad entrambi i genitori non comporti necessariamente una suddivisione paritaria dei tempi di permanenza di ogni bambino presso ciascuno dei genitori, né le peculiarità delle varie situazioni, delle diverse età dei bambini, della volontà dei minori e dei casi di violenza domestica.
Con riferimento, invece, alla prospettata introduzione della procedura della mediazione familiare obbligatoria, l’OCF ne sottolinea il contrasto con la stessa natura dell’istituto della mediazione, che dovrebbe rappresentare una scelta per le parti coinvolte.
Divenendo un obbligo, la mediazione porterebbe a delegittimare la giustizia, minando la tutela dei soggetti più deboli, ovvero, molto spesso, delle donne.
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