Non solo carcere per traffico di stupefacenti
Pubblicato il 23 luglio 2011
Rilevante sentenza della Corte costituzionale sulla custodia cautelare, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 275, comma 3, secondo periodo, c.p.p. nella parte in cui non considera che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure, nel prevedere l'applicazione della custodia cautelare in carcere per la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 del d.P.R. n. 309 del 1990).
Pur considerato grave, il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope non può essere considerato alla stregua del delitto di associazione di tipo mafioso che è connotato da un vincolo associativo che "
esprime una forza di intimidazione e condizioni di assoggettamento e di omertà per conseguire determinati fini illeciti". Tale vincolo implica una solida e permanente adesione tra gli associati, una rigida organizzazione gerarchica, una rete di collegamenti e un radicamento territoriale.
Diversamente il traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope non richiede una struttura complessa e gerarchicamente ordinata, essendo sufficiente una qualunque organizzazione di attività personali e di mezzi economici per il perseguimento del fine comune.
Pertanto i giudici, con sentenza n.
231/2011, ritengono che la presunzione assoluta sancita dalla norma in questione sia da trasformare in presunzione relativa. La misura del carcere, necessaria per gli indiziati mafiosi, non rappresenta invece l'unica misura possibile per gli accusati di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.