Non si gioca con il pc aziendale

Pubblicato il 08 novembre 2013 Con la sentenza n. 25069 depositata il 7 novembre 2013, la Corte di cassazione ha annullato, con rinvio, la decisione con cui i giudici di merito avevano dichiarato la nullità del licenziamento intimato da una Srl ad un proprio dipendente, condannando la prima alla riassunzione del lavoratore o, in mancanza, al risarcimento del danno in favore di quest'ultimo.

Nel dettaglio, il licenziamento era stato intimato al lavoratore a seguito della contestazione di aver utilizzato, durante l'orario di lavoro, il computer dell'ufficio per effettuare dei giochi.

La Corte d'appello, pur ritenendo che il controllo del computer dell'azienda da cui era emerso l'indebito utilizzo dell'apparecchio, non configurasse controllo a distanza vietato ai sensi dell'articolo 4 della Legge n. 300/1970, in quanto “il lavoratore aveva probabilmente consentito”, aveva, tuttavia, ritenuto generica la contestazione contenuta nella lettera di licenziamento e dove si era fatto riferimento ad un solo concreto episodio.

Lettura, questa, smentita dai giudici di legittimità secondo i quali l'addebito mosso al lavoratore di utilizzare il computer in dotazione a fini di gioco non poteva essere ritenuto logicamente generico per la sola circostanza della mancata indicazione delle singole partite giocate abusivamente. Ciò anche in quanto il lavoratore era stato posto in grado di approntare le proprie difese anche contro la generica contestazione di utilizzare in continuazione, e non in episodi isolati, il computer aziendale.
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