Con sentenza n. 3981 depositata il 29 gennaio 2016, la Corte di Cassazione, quinta sezione civile, ha assolto dal reato di diffamazione aggravata, un soggetto che aveva "postato" su facebook un messaggio ritenuto offensivo della reputazione altrui.
Condividendo le doglianze dell'imputato, la Cassazione censura, sul punto, la ricostruzione operata della Corte territoriale, laddove la stessa ha attribuito tipicità ad una condotta intrinsecamente inoffensiva, solo perché da considerarsi indirettamente ed implicitamente adesiva a quella diffamatoria commessa da altri (l'imputato ha infatti esternato un'opinione critica nei confronti di un soggetto già "offeso" mediante "post" pubblicati da altri soggetti).
Il che per l'appunto è errato nella misura in cui, per un verso, si attribuisce all'art. 595 c.p. contenuti ultronei rispetto a quelli ricavabili dalla lettera della disposizione incriminate e, dall'altro, si finisce per negare qualsiasi effettività alla libertà di manifestazione del pensiero di cui all'art. 21 Cost.
In altre parole, che l'imputato condividesse o meno i presunti insulti che altri avrebbero postato, è circostanza irrilevante nella misura in cui la sua condotta materiale non evidenzia oggettivamente alcuna adesione ai medesimi, rilanciandoli direttamente o anche solo indirettamente.
Per cui è evidente nel caso di specie – conclude la Corte – che l'imputato abbia inteso sì condividere la critica alla persona offesa, ma non altrettanto condividere le forme (illecite) attraverso cui altri l'avevano promossa, giacché non ha posto in essere un comportamento materialmente apprezzabile in tal senso.
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