No alla reintegra se segue il trasferimento dell’impresa insolvente

Pubblicato il 18 marzo 2015 Il licenziamento intimato oralmente è radicalmente inefficace per inosservanza dell’onere della forma scritta imposto dall’art. 2, Legge n. 604/1966, e come tale inidoneo a risolvere il rapporto di lavoro, non rilevando, ai fini di escludere la continuità del rapporto stesso, né la qualità di imprenditore del datore di lavoro, né il tipo di regime causale applicabile (reale od obbligatorio).

La Cassazione, con sentenza n. 5180 del 16 marzo 2015, ha affermato che la deroga all’applicazione dell’art. 2112 c.c. è giustificata, quando venga trasferita l’azienda insolvente ai sensi dell’art. 47, comma 5, Legge n. 428/1990, dallo scopo di conservazione dei livelli occupazionali ed è legittimata dalla garanzia della conclusione di un accordo collettivo idoneo a costituire norma derogatoria della fattispecie (ex plurimis: Cass. 4 novembre 2014, n. 23473; Cass. 22 settembre 2011, n. 19282; Cass. 5 marzo 2008, n. 5929).

Quindi, per gli Ermellini, si deve escludere il diritto alla reintegra nel caso in cui, a seguito del licenziamento orale inefficace, sia intervenuto un trasferimento di ramo d’azienda ex art. 48, comma 5, Legge n. 428/90 - ovvero quando il trasferimento riguardi imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria - perché in tal caso i lavoratori da salvaguardare sono quelli a libro matricola al momento della firma dell’accordo e non quelli già licenziati.
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