Niente aggravante della "transnazionalità", senza gruppo criminale organizzato
Pubblicato il 07 maggio 2015
Con sentenza n. 18781 depositata, la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, su ricorso dell'indagato, ha annullato il decreto con cui il Tribunale di Milano – in funzione di giudice del riesame – aveva confermato il sequestro preventivo di alcuni beni, in relazione alla contestazione del reato di
trasferimento fraudolento di valori,
aggravato dalla transnazionalità.
La vicenda in questione, in particolare, riguarda la presunta appropriazione indebita (pure contestata all'indagato) di fondi della Cassa previdenziale di ragionieri e commercialisti, i quali sarebbero stati oggetto – in base al provvedimento impugnato – di distrazione ed occultamento mediante una serie di operazioni commesse all'estero e culminate con il rientro della provvista in Italia.
Lamentava il ricorrente, avverso l'ordinanza impugnata, come il Tribunale del riesame avesse erroneamente ravvisato i presupposti del giudizio cautelare, in riferimento all'
aggravante della transnazionalità ex art. 4 Legge 146/2006, nella fattispecie tuttavia non configurabile.
In accoglimento di detta censura, la rilevato la Cassazione come in effetti nel caso di specie non sia stato sufficientemente dimostrato che gli agenti stranieri implicati nel reato, abbiano agito nell'ambito di un
gruppo organizzato criminale, quale requisito espressamente richiesto per la sussistenza della contestata aggravante.
Invero, non è sufficiente, a tal proposito, specificare che gli autori del reato si siano serviti si strutture straniere e di persone operanti in più stati esteri,
essendo necessario che tra dette persone esistano dei rapporti stabili, di modo che le
stesse abbiano agito come autonoma organizzazione finalizzata a compiere l'illecito.
Perché sia configurabile la contestata aggravante – ha proseguito la Corte – è per di più necessario che il
gruppo criminale abbia contribuito alla consumazione e che detto contributo sia stato
consapevole. Nulla di tutto ciò è emerso nella ordinanza impugnata, dunque da annullarsi con rinvio per un nuovo esame.