Nel mirino del Fisco il contribuente che vende, alla moglie, un immobile sottocosto

Pubblicato il 10 gennaio 2014 Per contestare una plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione a titolo oneroso di un'unità immobiliare è l'amministrazione finanziaria che adduce l'esistenza di maggiori ricavi a dover fornire la prova della simulazione dell'operazione per quel che riguarda il prezzo di vendita. E detto onere può essere adempiuto anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, “non ostandovi il divieto della doppia presunzione, il quale attiene esclusivamente alla correlazione tra una presunzione semplice con altra presunzione semplice, e non può quindi ritenersi violato nel caso in cui da un fatto noto si risalga a un fatto ignorato, che a sua volta costituisce la base di una presunzione legale”.

In tale contesto spetta, invece, al contribuente l'onere di superare la presunzione di corrispondenza tra il valore di mercato e il prezzo realizzato.

E' quanto precisato dai giudici di Cassazione nel testo della sentenza n. 245 depositata il 9 gennaio 2014 e con la quale gli Ermellini hanno rigettato il ricorso di un contribuente, titolare di una ditta individuale, contro la conferma di un accertamento con cui l'Amministrazione finanziaria aveva proceduto a rideterminare il prezzo della vendita di un immobile alla moglie, ritenendo che il contratto fra le parti fosse parzialmente simulato in considerazione della eccessiva differenza fra il corrispettivo realizzato e il valore venale del bene.
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