Nei licenziamenti nulli perché ritorsivi il motivo illecito addotto ex art. 1345, Cod. Civ., deve essere determinante, cioè costituire l'unica effettiva ragione del recesso, ed esclusivo, nel senso che il motivo illecito formalmente adotto risulti insussistente nel riscontro giudiziale.
Il principio enunciato dalla Corte di Cassazione nella sentenza 25 gennaio 2021, n. 1514, perviene a seguito dell'impugnata pronuncia della Corte d'Appello di Cagliari che ha dichiarato legittimo il licenziamento irrogato alla lavoratrice per giustificato motivo oggettivo, in ragione andamento economico negativo dell'Ente.
In particolare, nel ribadire il costante orientamento giurisprudenziale di legittimità, secondo cui le ragioni di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo trovano sussistenza a prescindere da situazione economiche sfavorevoli o crisi aziendali e, dunque, anche nei casi di mera esternalizzazione a terzi dell'attività a cui è addetto il lavoratore licenziato ovvero alla soppressione delle mansioni del lavoratore con conseguente ripartizione dei compiti assegnati ad altri dipendenti già in forza o per ragioni riconducibili all'innovazione ed all'efficienza tecnologica-gestionale, la nullità del licenziamento comminato perché ritorsivo, con conseguente applicazione delle tutele di cui all'art. 18 comma 1, Statuto dei Lavoratori, richiede l'accertamento dell'insussistenza del fatto posto a fondamento del licenziamento stesso.
Invero, affinché ricorrano gli estremi per l'affermazione giudiziale della predetta nullità, il motivo illecito deve essere:
Nel caso de quo, gli Ermellini confermano l'operato della Corte distrettuale secondo cui, accertata la sussistenza del giustificato motivo di recesso, non vi sono ragioni per esaminare il carattere ritorsivo sollevato dalla lavoratrice per via della mancanza dei predetti requisiti sostanziali alla nullità del recesso datoriale.
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