La parificazione ai figli legittimi per i nati a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, riguarda anche i casi in cui la nascita avviene dopo la morte del padre, mediante utilizzo del seme crioconservato di quest'ultimo.
Lo hanno precisato i giudici della Prima sezione civile della Cassazione, nel testo della sentenza n. 13000 del 15 maggio 2019, con cui hanno ammesso la legittimità di un figlio che, a seguito di tecniche di procreazione assistita, era nato dopo il decesso del genitore.
L’articolo 8 della Legge n. 40/2004, recante lo status giuridico del nato a seguito dell’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, è riferibile anche all’ipotesi di fecondazione omologa post mortem, ovvero avvenuta mediante utilizzo del seme crioconservato di colui che, dopo aver prestato, congiuntamente alla moglie o alla convivente, il consenso all’accesso a dette tecniche, sia poi deceduto prima della formazione dell’embrione, avendo altresì autorizzato, per dopo la propria morte, la moglie o la convivente all’utilizzo suddetto.
E questo, anche quando la nascita avvenga oltre i 300 giorni dalla morte del padre.
Gli Ermellini, in particolare, hanno riconosciuto che doveva essere rettificato l’atto di stato civile del bambino, in cui era indicato il solo cognome della madre: era, infatti, da considerare illegittimo il rifiuto che l’Ufficiale di stato civile aveva opposto rispetto alla registrazione del cognome paterno nella formazione dell’atto di nascita del minore.
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