Millantato credito? Ricompreso nella truffa

Pubblicato il 10 febbraio 2020

Nessuna continuità normativa tra l’abrogata ipotesi di millantato credito e quella di traffico di influenze illecite.

Questo per quanto riguarda la fattispecie punita dal secondo comma dell’articolo 346 c.p., concernente la condotta dell’agente che riceve o fa dare o promette denaro o altra utilità, col pretesto di dover comprare il pubblico ufficiale o impiegato o doverlo remunerare.

Con la previsione di cui all’articolo 346-bis del Codice penale (traffico di influenze illecite) si punisce, invece, il faccendiere che, sfruttando o vantando relazioni asserite con l’agente pubblico si fa dare o promettere indebitamente denaro o altra utilità per remunerare l’agente pubblico in relazione all’esercizio delle sue funzioni.

Truffa se non esistono rapporti col pubblico agente

Così, in considerazione dell’intervenuta abrogazione del secondo comma dell’articolo 346 c.p. sul millantato credito, risponde ora del delitto di truffa di cui all’articolo 640, primo comma, c.p. il soggetto che, mediante artifici e raggiri, induca in errore la parte offesa che si determina a corrispondere denaro o altra utilità a colui che vanti rapporti neppure ipotizzabili con il pubblico agente.

E’ quanto spiegato dalla Corte di cassazione con sentenza n. 5221 del 7 febbraio 2020, alla luce della Legge n. 3/2019 (cosiddetta “Spazzacorrotti”) che ha abrogato la fattispecie di millantato credito, modificando anche l’articolo sul traffico di influenze illecite.

La fattispecie della truffa – si legge nella decisione – “viene oggi a riespandersi”, ricomprendendo anche quelle condotte in precedenza sussunte nell’abrogata ipotesi di cui all’art. 346, comma secondo, c.p. e non più previste nell’ambito dell’attuale disposizione di cui all’articolo 346-bis del Codice penale.

Millantato. Continuità normativa per diversa fattispecie 

Nella pronuncia viene ricordato come in una recente decisione di legittimità, la n. 17980/2019, sia stata per contro rilevata una continuità normativa tra il reato di millantato credito e quello di traffico di influenze di cui al novellato art. 346-bis cod. pen., in un caso che riguardava l'ipotesi delittuosa in precedenza disciplinata dall'art. 346, primo comma, cod. pen., che puniva chi, vantando un'influenza, effettiva o meramente asserita, presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, si faccia dare denaro ovvero altra utilità quale prezzo della propria mediazione.

In questo caso, invece, si trattava della fattispecie che era ricompresa nel secondo comma dell'art. 346, per la quale il Collegio ha ritenuto che, diversamente, andasse esclusa la continuità normativa con il reato di traffico di influenze.

Nella vicenda specificamente esaminata, non vi era nessun dubbio circa l'inesistenza di rapporti tra l’imputato ed i pubblici impiegati o funzionari di cui era stata millantata la conoscenza e la possibilità di poterli influenzare dietro il pagamento di somme di denaro di cui si faceva consegnare il relativo ammontare.

Conseguentemente – si legge nella decisione - l'unica fattispecie integrata era quella di truffa ex art. 640, primo comma, cod. pen.

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