Millantato credito, pene più leggere

Pubblicato il 02 maggio 2019

Precisazioni dalla Cassazione in ordine alla condotta di millantato credito, ricompresa, a seguito delle modifiche introdotte con la Legge spazzacorrotti, nella fattispecie riformata di traffico d'influenze illecite.

Piena continuità normativa con fattispecie di traffico di influenze

Per quanto concerne la condotta di chi, vantando un'influenza - effettiva o meramente asserita - presso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, si faccia dare denaro e/o altre utilità come prezzo della propria mediazione, sussiste piena continuità normativa tra la fattispecie di cui all'articolo 346 del Codice penale, formalmente abrogata, e la fattispecie di traffico di influenze illecite, di cui all'articolo 346-bis cod. pen., come novellato dall'art. 1, comma 1 lett. t), della Legge n. 3/2019.

Lo ha spiegato la Corte di cassazione in una delle prime pronunce successive all’entrata in vigore della nuova Legge cosiddetta “spazzacorrotti”.

Trattamento dopo spazzacorrotti più mite

In particolare, nella sentenza n. 17980 del 30 aprile 2019, la Suprema corte, dopo aver dato atto di detta continuità normativa, ha anche evidenziato come diverso e più mite sia il trattamento sanzionatorio previsto dalla nuova disposizione.

Difatti, in primis, la fattispecie vigente è punita con la sola pena detentiva mentre il previgente millantato credito era sanzionato congiuntamente con le pene detentiva e pecuniaria.

Inoltre, l'attuale incriminazione prevede la pena massima di quattro anni e sei mesi di reclusione, mentre il massimo edittale della pena detentiva del previgente art. 346 era fissato in cinque anni.

Sulla base di questi assunti, la Corte ha annullato una sentenza di condanna per millantato credito, ma solo con riferimento alla pena, rinviando per questo aspetto ad altra sezione della Corte d'Appello per nuova determinazione.

Condanna non definitiva, pena da rideterminare

Per i giudici di legittimità, infatti, essendo mutati i parametri sanzionatori di riferimento, in ossequio al disposto dell'articolo 2 cod. pen., la pena applicata dai giudici di merito risultava “illegale”.

La condanna non definitiva per millantato credito, ossia, andava rimodulata alla luce del nuovo e più mite trattamento sanzionatorio.

Contestualmente, la Suprema corte ha ricordato che il diritto dell'imputato di essere giudicato in base al trattamento più favorevole tra quelli succedutisi nel tempo, comporta per il giudice della cognizione il dovere di applicare la lex mitior anche nel caso in cui la pena inflitta con la legge previgente rientri nella nuova cornice sopravvenuta, “in quanto la finalità rieducativa della pena ed il rispetto dei principi di uguaglianza e di proporzionalità impongono di rivalutare la misura della sanzione, precedentemente individuata, sulla base dei parametri edittali modificati dal legislatore in termini di minore gravità”.

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