L’attitudine dell’ex coniuge al lavoro assume rilievo, al fine della decisione sulla conservazione, riduzione o soppressione dell’assegno di mantenimento, solo se venga riscontrata in termini di effettiva sopravvenuta possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita.
Questo, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, e non già di mere valutazioni astratte ed ipotetiche.
Per la modifica delle condizioni di separazione, in particolare, rileva il sopraggiungere di fatti che abbiano determinato situazioni nuove rispetto a quelle presenti dalle parti al momento della conclusione dell’accordo iniziale e non la rappresentazione di dati fattuali non in sé rappresentativi della effettiva possibilità dell'ex di ottenere una collocazione sul mercato del lavoro.
Occorre, ad esempio, la dimostrazione che il coniuge beneficiario dell’assegno abbia acquisito professionalità diverse e ulteriori rispetto a quelle possedute in precedenza, ovvero che lo stesso abbia ricevuto, nel periodo successivo al perfezionamento della convenzione di separazione, effettive offerte di lavoro o che abbia potuto concretamente procurarsi una specifica occupazione.
E’ sulla scorta di questi assunti che la Corte di cassazione - sentenza n. 789 del 13 gennaio 2017 - ha cassato, con rinvio, una decisione della Corte d’appello con la quale la medesima, nel pronunciarsi su una richiesta di revisione dell’assegno di mantenimento avanzata da un uomo, aveva dato rilievo, tra gli altri motivi, alla circostanza che la ex moglie non avesse trovato una propria sistemazione lavorativa.
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