Prova liberatoria contro accertamento sui conti correnti

Pubblicato il 23 marzo 2017

Mancato riscontro va motivato Accolta doglianza del contribuente

La Commissione tributaria regionale del Lazio dovrà rinnovare la valutazione degli elementi probatori di una causa avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento con il quale, sulla scorta delle risultanze di un processo verbale di constatazione, erano stati recuperati a tassazione ricavi non contabilizzati, risultati da versamenti bancari su uno dei conti correnti del contribuente e da spese considerate indeducibili.

L'interessato si era opposto all’avviso deducendo che gli importi recuperati a tassazione come ricavi non dichiarati erano quelli versati su un conto corrente cointestato con la moglie, come poteva desumersi sulla base degli estratti di conto corrente dallo stesso depositati.

A fronte di questa doglianza, tuttavia, la Ctr aveva semplicemente concluso che i prelievi e i versamenti non trovavano riscontro.

Vizio di motivazione

Avverso la decisione di secondo grado, l’interessato aveva promosso ricorso in Cassazione, deducendo che la Ctr aveva omesso di esplicitare le ragioni che l’avevano indotta a ritenere l'assenza del detto riscontro tra le uscite dal suo conto corrente e le entrate del conto cointestato, non permettendogli di comprendere perché i versamenti non riscontrati dovevano intendersi quali ricavi non dichiarati.

Motivo, questo, ritenuto fondato dalla Suprema corte, secondo la quale la locuzione “non trovano riscontro” utilizzata nella pronuncia, non esplicava le ragioni per le quali dovesse desumersi che il contribuente non aveva fornito la prova liberatoria di cui era onerato.

Nella specie – si legge nel testo della decisione di Cassazione n. 7259 del 22 marzo 2017 – perché la mancanza di riscontro tra prelevamenti e versamenti trovasse logica capacità di supporto agli indizi utilizzati dall’Ufficio finanziario, sarebbe stato necessario, in primo luogo, comprendere se gli importi usciti dal conto corrente fossero superiori a quelli versati.

In caso di esito positivo, quindi, occorreva anche verificare se la differenza fosse o meno compatibile, anche in relazione al dato temporale, con le ordinarie esigenze di vita, nella misura in cui erano state addotte spese straordinarie.

La motivazione di merito, tuttavia, in relazione a questi elementi di fatto, non era risultata adeguata e, per tale ragione, il ricorso del contribuente andava accolto, con rinvio per un nuovo esame di merito.

Acquisto immobile con bonifico del fidanzato Accertamento Ko

Sempre in tema di accertamento e prova liberatoria, i giudici di Cassazione, con sentenza n. 7258 depositata il 22 marzo 2017, hanno confermato, ritenendola congrua ed esente da vizi logici, la decisione di merito che aveva dato ragione ad una contribuente, oppostasi a due avvisi di accertamento fondati sulle risultanze dei registri immobiliari dai quali risultava l’acquisto di due immobili quando, per gli anni di riferimento, l’interessata non aveva presentato alcuna dichiarazioni dei redditi.

Nella specie, la Ctr aveva ritenuto che la contribuente, attraverso la produzione bancaria depositata in atti, avesse dimostrato di aver proceduto agli acquisti immobiliari grazie al denaro derivante da una rimessa del fidanzato.

Difatti, dalla documentazione della banca si evinceva l’accredito a titolo di regalia dove era specificato, anche, che il motivo dell’introito era un acquisto immobiliare, e la causale era costituita da “sussidi e regalie”.

Le doglianze del Fisco, avverso dette conclusioni, sono state ritenute infondate.

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