Mancata vigilanza, datore sanzionato se non rispetta le direttive

Pubblicato il 11 aprile 2022

Nell’ambito dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, il procedimento amministrativo utilizzato al fine di determinare la liquidazione della rendita Inail è autonomo e distinto rispetto all’accertamento del danno civilistico.

A stabilirlo è la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11227 del 6 aprile 2022. Nel caso di specie, i giudici respingono il ricorso di un imprenditore nei confronti della sentenza della Corte d’appello di Roma che lo aveva condannato a pagare una somma elevata per l’infortunio occorso a un suo dipendente, risarcito a titolo di danno biologico, comprensiva di danno morale e previa personalizzazione del danno.

Mancata vigilanza, la vicenda

Nel caso in esame, l’infortunio è avvenuto a seguito allo spostamento dal tornio al carrello di trasporto di pezzi lavorati di oltre 25 chilogrammi. Lo spostamento, secondo le direttive del datore, sarebbe dovuto avvenire, invece, con l’impiego di due addetti. Da qui l’accertata responsabilità per culpa in vigilando del datore, il quale avrebbe dovuto impedire tali comportamenti sanzionandoli.

Mancata vigilanza, risarcimento INAIL

La Suprema Corte ha confermato la sentenza di condanna del datore di lavoro nei due gradi di giudizio. Inoltre, ha motivato altresì la propria decisione tenendo conto dell’accertato comportamento di omessa adozione delle idonee misure protettive e dell’insufficiente controllo e vigilanza (rilevante in via esclusiva anch’esso da solo) affinché di tali misure si fosse fatto effettivamente uso da parte del dipendente. Una circostanza, questa, che l’ordinanza ha ritenuto costituente inadempimento degli obblighi protettivi tale da esaurire il nesso eziologico dell’infortunio occorso al lavoratore, così da radicarne, in via esclusiva, la responsabilità.

Inoltre, in merito al motivo di ricorso del datore di lavoro, secondo il quale la Cassazione non avrebbe considerato che la mansione dell’infortunato non richiedeva una specializzazione particolare, i giudici hanno riconosciuto invece che nella fattispecie la lesione del diritto alla salute ha determinato ulteriori danni morali rispetto a quelli ordinariamente riconosciuti a un soggetto della stessa età per il medesimo grado di menomazione. Infatti, il lavoratore ha subito l’ulteriore grave danno di natura patrimoniale consistente nella perdita del lavoro in seguito all’infortunio e nella acquisita permanente inidoneità allo svolgimento delle mansioni cui era specializzato.

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