Malata e maratoneta? Con il CATUC non sarà più possibile!
Pubblicato il 12 marzo 2015
Il tema del licenziamento è davvero spinoso: quale interesse deve prevalere?
Gianni e Vincenzo sono due lavoratori pendolari e spesso
giocano partite dialettiche sui più disparati argomenti. Quest’oggi in
treno prendono spunto da un articolo di giornale in cui viene riportato
che un giudice ha dichiarato illegittimo il licenziamento di una
lavoratrice che, assente dal lavoro per malattia, ha partecipato a due
maratone durante le fasce di reperibilità
(cfr. sentenza Tribunale di Milano, 02/02/2015).
“Per me, al di là di tutto, è giusto tutelare il lavoratore,
che altrimenti rischia di finire catapultato in un mondo di
incertezze”, esordisce Gianni. “È vero che esistono gli ammortizzatori
sociali e le varie indennità, ma è come essere sbattuti fuori casa
quando imperversa una tempesta di neve: se sei ben coperto e trovi
presto un riparo sopravvivi, ma stare dinanzi al caminetto è un’altra
cosa…”. Gianni è convinto di aver trovato la stoccata vincente.
“Però se ci pensi bene, anche il datore di lavoro non può essere obbligato
a perpetuare un rapporto lavorativo con persone delle quali non ha più
fiducia o che non rispondono ai livelli di competenza e capacità
richiesti”. Vincenzo passa al contrattacco e ristabilisce la parità con
un’azione vincente: “Se la colf che aiuta tua moglie nelle fatiche
domestiche non ti soddisfa professionalmente, non hai forse il diritto
di interrompere il rapporto?”.
Il match prosegue a viso aperto fino a che un signore
distinto vuole dire la sua. Con toni pacati ma fermi spiega ai nostri
discettanti pendolari che il CATUC non è né la CATholic University of
Cameroon - come google potrebbe far supporre ad un utente distratto - né
l’ultimo SUV di una nota casa automobilistica giapponese. L’ancora poco
noto CATUC altro non è che l’acronimo di “Contratto a tutele
crescenti”, figlio del padre di tutte le riforme del lavoro, il più
celebre “Jobs Act”
(D.lgs. n. 23 del 04/03/2015).
Ecco che arriva il triplice fischio a chiudere la partita
tra Gianni e Vincenzo. Con questa nuova normativa, infatti, il
reintegro spetta solo per licenziamenti discriminatori, nulli, intimati
in forma orale o quando c’è insussistenza del fatto materiale: al di
fuori di questi casi, il lavoratore potrà contare esclusivamente su
un’indennità, con buona pace della tempesta di neve e della colf
incapace.