Legittimo l’illecito disciplinare che vieta ai magistrati l’iscrizione o la partecipazione in maniera sistematica e continuativa alla vita dei partiti.
La Consulta, in data 4 luglio 2018, ha emesso un comunicato con cui dichiara l’infondatezza delle questioni di legittimità sollevate dalla sezione disciplinare del Csm.
La questione riguardava, in particolare, la posizione del governatore della Regione Puglia, pubblico ministero che da tempo svolge vita attiva in un partito.
La sezione disciplinare ha fatto rilevare come le norme permettono al magistrato, presenti determinate condizioni, lo svolgimento di compiti comunque legati a situazioni politico-partitiche; questo avrebbe quindi un riverbero sull’interpretazione da dare all’articolo 3, lettera h) del decreto legislativo n. 109 del 2006, con la conseguenza che si potrebbe arrivare ad escludere la rilevanza disciplinare in quei casi in cui la partecipazione del magistrato alla vita politico-partitica sia collegata alle caratteristiche della funzione legittimamente ricoperta dal magistrato fuori ruolo “sembrando irrazionale e contraddittorio consentire, da una parte, l’assunzione di tali ruoli e dall’altra sostanzialmente vietare - ed anzi sanzionare disciplinarmente - alcune manifestazioni e situazioni, ritenute sintomo di organico schieramento partitico”.
Le motivazioni della decisione saranno rese note successivamente.
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