La Corte di giustizia Ue si è pronunciata in ordine ad una questione che verteva sull’interpretazione dell’articolo 27, paragrafi 2 e 3, della decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri.
La domanda era stata sollevata nell’ambito di un procedimento penale a carico di un imputato, condannato in Germania a una pena detentiva per fatti qualificati come violenza sessuale aggravata ed estorsione, commessi in Portogallo.
In particolare, la Corte federale di giustizia tedesca aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere ai giudici europei l’interpretazione concernente la regola di specialità di cui alla menzionata decisione quadro e relativa applicabilità in rema di misure restrittive della libertà.
Con sentenza depositata ieri, 24 settembre, relativamente alla causa C-195/20, la Corte Ue ha precisato che la regola della specialità non osta a una misura restrittiva della libertà adottata nei confronti di una persona oggetto di un primo mandato d’arresto europeo a causa di fatti diversi da quelli posti a fondamento della sua consegna in esecuzione di tale mandato e anteriori a tali fatti.
Questo, qualora tale persona abbia lasciato volontariamente il territorio dello Stato membro di emissione del primo mandato e sia stata consegnata al medesimo, in esecuzione di un secondo mandato d’arresto europeo emesso successivamente ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà.
Il tutto, in ogni caso, a condizione che, in relazione al secondo mandato d’arresto europeo, “l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di quest’ultimo abbia dato il proprio assenso all’estensione dell’azione penale ai fatti che hanno dato luogo alla suddetta misura restrittiva della libertà”.
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