Lotta al riciclaggio di danaro sporco a tutto campo

Pubblicato il 27 novembre 2009

In base alle norme italiane penali e a quelle comunitarie per provare il reato di riciclaggio si deve prescindere dall’accertamento del reato presupposto. La Corte di cassazione, sesta sezione penale, con sentenza n. 45643 del 26 novembre 2009 ha ribadito una sua precedente pronuncia in tema di riciclaggio a mente della quale l’incriminazione del reato di riciclaggio non dipende dall’illecito da cui provengono i soldi riciclati.

I giudici specificano che il legislatore ha dovuto svincolare, per rendere efficace la lotta contro il riciclaggio di danaro sporco, il reato dalla pregressa elencazione di delitti che ne possono essere il presupposto a causa della loro illimitata previsione. In sostanza, pertanto, il reato di riciclaggio può presupporre come reato principale sia delitti funzionalmente diretti alla creazione di ricchezza illecita ma anche delitti che ne sono estranei, come l’evasione fiscale, essendo il riciclaggio un reato che ha come oggetto la “condotta tendente a ripulire il denaro sporco, facendo perdere le tracce della sua provenienza delittuosa nelle diverse forme della sostituzione o del trasferimento del denaro, dei beni o di altre utilità di provenienza illecita”. Quindi anche l’appartenenza ad una associazione mafiosa può essere considerata condotta riportabile al reato di riciclaggio di capitali illeciti.

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