La condanna per lite temeraria ai sensi dell’articolo 96, comma 3, Codice di procedura civile - applicabile d'ufficio in tutti i casi di soccombenza - configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata previste nei due commi precedenti e con queste cumulabile, volta al contenimento dell'abuso dello strumento processuale.
Per la relativa applicazione, pertanto, non è richiesto, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì solo di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di "abuso del processo", quale l'aver agito o resistito pretestuosamente, ossia nell'evidenza di non poter vantare alcuna plausibile ragione.
E’ quanto ribadito dalla Corte di cassazione nel testo dell’ordinanza n. 21943 del 10 settembre 2018.
Nel caso esaminato, è stato ritenuto che, senza dubbio, l’azione fosse stata promossa dalla parte “pretestuosamente”, integrando un ingiustificato sviamento del sistema giurisdizionale.
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