L’indennizzo con ammontare certo legittimo nelle conversioni obbligate dei contratti a termine
Pubblicato il 12 novembre 2011
Le questioni di legittimità costituzionale sollevate sull'articolo 32, commi 5, 6 e 7, della
legge n. 183/2010 sono infondate. È quanto stabilito dalla Corte costituzionale che, con
sentenza n. 303 dell'11 novembre 2011, interviene sui limiti stabiliti dal collegato lavoro - legge 183/2010 - all’indennizzo che il datore di lavoro deve al lavoratore, illegittimamente estromesso alla scadenza del termine, che ottenga dal giudice la conversione a tempo indeterminato di un precedente contratto a termine.
Si ritiene, dunque, debba essere applicata con il tetto tra 2,5 e 12 mensilità la previsione dell'erogazione dell’indennità in luogo del risarcimento del danno in caso di conversione dei contratti a termine. A sostegno della non fondatezza delle questioni sollevate, la Consulta spiega come
“i limiti dell’indennità predeterminati dal legislatore tengano conto – a suo avviso, in un equilibrato bilanciamento degli interessi – del vantaggio per il lavoratore derivante dal mantenimento della regola di conversione del rapporto, immune da decadenze di sorta, e della intollerabile incertezza sull’ammontare del risarcimento registratasi nella prassi”.
A tal proposito si ricorda che ante collegato il risarcimento del danno aumentava con la durata del processo, in quanto nel calcolo entrava tutto il periodo tra la data di scadenza a termine e la ripresa del lavoro, in considerazione anche della data in cui il dipendente aveva offerto la prestazione e dei redditi conseguiti con altri lavori. Questo determinava l’incertezza sull’ammontare del risarcimento e legava l’importo alla durata del processo.