Licenziato prima della fine del comporto? Reintegra anche sotto 15 dipendenti

Pubblicato il 20 settembre 2022

Pronuncia della Corte di cassazione sulla tutela applicabile in caso di licenziamento intimato prima del superamento del periodo di comporto: reintegra e risarcimento anche sotto 15 dipendenti.

Nel sistema delineato dall’articolo 18 della Legge n. 300/1970, come anche modificato dalla Legge 92/2012, il licenziamento intimato in violazione dell’art. 2110, comma 2, del Codice civile, è nullo e le sue conseguenze sono disciplinate, secondo un regime sanzionatorio speciale, dal comma 7, che a sua volta rinvia al comma 4, del medesimo articolo 18, quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro.

Licenziamento prima della fine della malattia: nullo

E' questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 27334 del 16 settembre 2022, pronunciata nell'ambito della causa instaurata da una lavoratrice al fine di far accertare la nullità o annullabilità del licenziamento intimatole, ai sensi dell’art. 2110, comma 2, cod. civ.

Dall'istruttoria era stato accertato che la prestatrice si era infortunata nell'espletamento della mansione assegnatale, consistente nel posizionare merce sugli scaffali, avendo utilizzato uno sgabello fornito dal datore di lavoro e privo di uno dei piedini antiscivolo, quindi instabile.

Entrambi i giudici di merito avevano ritenuto che la lavoratrice avesse assolto all’onere di dimostrare sia l'esistenza del danno e sia il nesso causale tra la prestazione lavorativa e l'evento dannoso verificatosi. Per contro, il datore non aveva dato prova di aver adempiuto interamente all'obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità psicofisica della dipendente.

Dalla comprovata responsabilità datoriale nella causazione dell’infortunio sul lavoro, era stata tratta la conseguenza della non computabilità, ai fini del comporto, dei periodi di assenza dal lavoro per la malattia derivata dal sinistro, ritenendo non superato il periodo di comporto.

Tuttavia, mentre il Tribunale, in primo grado, aveva integralmente accolto la domanda della deducente, condannando parte datoriale alla reintegrazione della stessa nelle mansioni precedentemente svolte e al risarcimento del danno nella misura di legge, la Corte d'appello non aveva condiviso le conclusioni cui era giunto il giudice di prime cure per quanto riguarda la tutela applicabile al licenziamento intimato prima del superamento del periodo di comporto.

Secondo la Corte territoriale, la lettura resa dal Tribunale contrastava con l’art. 18, comma 8, della legge citata, che esplicitamente esclude l’applicazione dei commi dal quarto al settimo al datore di lavoro privo dei requisiti dimensionali individuati nel medesimo comma.

Da qui il ricorso della dipendente davanti alla Suprema corte.

Reintegra a prescindere dal requisito dimensionale

In questa sede, gli Ermellini hanno concluso per l’irrilevanza, rispetto alla fattispecie in parola, del criterio selettivo basato sul numero dei dipendenti che, se può giustificare livelli diversi di tutela in ipotesi di licenziamento annullabile, non può legittimare una diversificazione delle conseguenze del licenziamento nullo.

L’interpretazione accolta - hanno evidenziato - si pone in continuità con la sentenza delle Sezioni Unite n. 12568/2018, risultando coerente anche con criteri di ordine sistematico e con la scelta legislativa di raccogliere nel primo comma dell’art. 18 tutte le ipotesi di nullità del licenziamento a prescindere dal numero dei dipendenti occupati.

Essa, del resto, è la sola compatibile con l’esigenza di garantire ragionevolezza al sistema delle tutele nel caso di licenziamento, esigenza più volte sottolineata dalla Corte Costituzionale nelle pronunce adottate su questioni attinenti.

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