La Corte di Cassazione, Sezione lavoro, ha confermato la legittimità del licenziamento intimato ad un dipendente che, per via delle sue mansioni, operava prevalentemente in giro per l’Italia. E ciò anche se le sue mancanze sono state rilevate mediante pedinamento disposto dal datore per una ventina di giorni.
Detto controllo investigativo – come incontestabilmente accertato nel merito - si è ritenuto necessario, dunque legittimo, in quanto diretto ad accertare una serie di illeciti commessi dal lavoratore (come, ad esempio, il mancato inserimento di alcuni giorni di ferie nel sistema, il mancato rientro in sede dopo una trasferta), tali da giustificare la raccolta di informazioni sulla vita privata del medesimo.
Trattasi pertanto – afferma la Corte con sentenza n. 17723 del 18 luglio 2018 - di “controllo difensivo” da parte del datore. Per cui a nulla sono valse le censure del lavoratore, volte a dimostrare come i controlli in questione fossero sproporzionati (in quanto basati su meri sospetti) ed invasivi della sfera privata, ed i dati raccolti dall’Agenzia investigativa, inutilizzabili ai fini dell’intimato licenziamento (in quanto in violazione delle previsioni statutarie di cui alla Legge n. 300/1970 artt. 3 e 4).
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