Un dipendente può essere licenziato per giusta causa se pronuncia frasi sconvenienti e offensive nei confronti di una collega, deridendone l'orientamento sessuale, in presenza di terzi.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 6345 del 10 marzo 2025, pronunciata in merito al caso di un lavoratore licenziato per giusta causa da un'azienda di trasporti.
Il dipendente era stato accusato di aver espresso commenti irrisori sulle preferenze sessuali di una collega, provocandole un significativo disagio e ledendo il suo diritto al rispetto della vita privata.
Il lavoratore, nella specie, dopo aver appreso della nascita dei figli gemelli della collega, aveva rivolto frasi ironiche e inappropriate sulla sua gravidanza e sul suo orientamento sessuale.
I commenti, pronunciati in presenza di altri colleghi, avevano provocato nella destinataria imbarazzo e disagio, evidenziando la natura molesta della condotta.
La Suprema Corte, che ha reso definitiva la sanzione espulsiva inflitta al lavoratore, ha evidenziato che costituiscono discriminazione anche le molestie, intese come comportamenti indesiderati connessi alla sfera intima della persona, a prescindere dall’intenzione soggettiva di arrecare offesa.
In ambito lavorativo, ciascun dipendente ha il dovere di rispettare la dignità altrui, inclusa quella dei colleghi, e di evitare qualsiasi condotta che possa risultare lesiva delle loro scelte personali.
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