Licenziamento ritorsivo. Motivo illecito da provare

Pubblicato il 14 agosto 2017

La Corte di Cassazione, Sezione lavoro, ha respinto il ricorso di un lavoratore che aveva impugnato il licenziamento intimatogli dalla società datrice di lavoro, deducendone l’illegittimità e chiedendo la reintegrazione del posto di lavoro. Orbene la Corte Suprema ha nella specie ritenuto che non si trattasse – come invece sostenuto dal ricorrente – di un licenziamento ritorsivo (quale reazione, ossia, ad un comportamento lecito del dipendente) ma che fosse invece la conseguenza dell’accertamento di una condotta gravemente inadempiente di quest’ultimo.

Licenziamento discriminatorio e ritorsivo. Differenze

Licenziamento discriminatorio. Nullità prescinde dalla motivazione

La Sezione lavoro coglie inoltre l’occasione per tracciare una linea di confine tra licenziamento discriminatorio ed il licenziamento ritorsivo, puntualizzando che nel primo, la nullità deriva per il solo fatto della discriminazione, ovvero direttamente dalla violazione di specifiche norme di diritto interno ed europeo, dunque prescindendo dalla motivazione addotta. Nel secondo invece (ritorsivo), è elemento qualificante l’illiceità del motivo unico e determinante del recesso.

Ed ancora, nel licenziamento discriminatorio il lavoratore che esercita l’azione a tutela dalla discriminazione, può limitarsi a fornire elementi di fatto – desunti, ad esempio, da dati statistici o relativi alle assunzioni, ai regimi retributivi, all'assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti – che siano idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell'esistenza di atti o comportamenti discriminatori. Spetta invece al convenuto l'onere della prova della insussistenza della discriminazione che opera obiettivamente, in ragione del mero rilievo del trattamento deteriore riservato al lavoratore quale effetto della sua appartenenza alla categoria protetta, ed a prescindere dalla volontà illecita del datore di lavoro.

Licenziamento ritorsivo. Motivo illecito unico determinante

Nel licenziamento ritorsivo, al contrario, non solo il licenziamento deve essere ingiustificato, ma è altresì necessario anche che il motivo che si assume essere illecito sia stato anche l'unico determinante. Nel caso in esame, tuttavia, la Cassazione, con sentenza n. 14456 del 9 giugno 2017, ha escluso che fosse stata offerta la prova di tale motivo illecito ritorsivo. E ciò in considerazione del fatto che il licenziamento costituisse reazione datoriale a comportamenti del dipendente di cui era stata accertata l’illiceità.

 

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