Pur sussistendo la condotta omissiva, anche se è eccessivamente sproporzionata la sanzione espulsiva, il datore di lavoro è condannato al pagamento di 18 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto e non deve reintegrare il lavoratore quando si è in presenza di una risoluzione del rapporto di lavoro ex art. 18, comma 5, della Legge n. 300/1970 come novellato dalla legge n. 92/2012.
Questo è quanto ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza n. 17887 del 6 luglio 2018, a proposito di un licenziamento intimato ad un lavoratore il quale, nonostante il suo comportamento inadempiente accertato, non aveva causato un danno all’azienda datrice di lavoro che di fatto non aveva perso l’appalto.
Più nello specifico il dipendente aveva omessa la trasmissione, all'ufficio contabilità, dei consuntivi delle lavorazioni svolte dalla ditta subappaltatrice a favore di un cliente per il periodo luglio 2014-febbraio 2015 e per complessivi euro 9.000, ma nonostante tutto c’è stata una successiva proficua (ossia con i medesimi volumi di fatturato) permanenza dei rapporti di appalto sia con il cliente sia con la società appaltatrice.
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