Affinché si verifichi l’ipotesi di reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro, ai sensi dell’art. 3, co. 2, del D.Lgs. n. 23/2015 (regime Jobs Act), l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto al quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, comprende non soltanto i casi in cui il fatto non si sia verificato nella sua materialità, ma anche tutte le ipotesi in cui il fatto, materialmente accaduto, non abbia rilievo disciplinare.
A questa conclusione giunge la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12174 dell’8 maggio 2019. I giudici di legittimità si sono trovati ad affrontare un caso di una dipendente che si era allontanata dal posto di lavoro, motivo per cui la società aveva adottato l’extrema ratio della giusta causa. Il provvedimento espulsivo era stato dichiarato illegittimo, sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello di Genova, condannando la società a versare esclusivamente un’indennità economica corrispondente a 4 mensilità. La lavoratrice, dal canto suo, intendeva ottenere la tutela reintegratoria ex art. 3, co. 2, del D.Lgs. n. 23/2015, in quanto la condotta addebitata non era stata negata nella sua realtà storica.
La diatriba è finita nelle aule della Corte di Cassazione.
La Suprema Corte accoglie il ricorso della lavoratrice. Sul punto, gli ermellini dichiarano che la tutela reintegratoria si applica, non soltanto nei casi in cui il fatto non si sia verificato nella sua materialità, ma anche in tutte le ipotesi in cui il fatto, materialmente accaduto, non abbia rilievo disciplinare.
La pronuncia dei giudici cassazionisti deriva da un’attenta lettura dell’art. 18, co. 4, della L. n. 300/1970 (cd. Statuto dei Lavoratori), che, nell’attribuire la tutela reintegratoria attenuata al dipendente, richiama anche l’ "insussistenza del fatto contestato”.
Più volte in giurisprudenza è sorta la problematica circa la definizione di “fatto contestato”, che risulta di assoluto rilievo in merito al regime di tutela applicabile. La soluzione è giunta dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10019/2019, individuando nell’ambito della nozione di “insussistenza del fatto contestato”, tutte quelle ipotesi in cui il fatto, materialmente accaduto, non abbia rilievo disciplinare.
In definitiva, deve ritenersi che sussiste il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro qualora il fatto contestato, seppur materialmente esistente, sia giuridicamente infondato e, come tale, non sia suscettibile di alcuna sanzione.
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