Licenziamento collettivo, motivare discrezionalità datoriale

Pubblicato il 26 gennaio 2016

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 25048 dell’11 dicembre 2015, ha aderito all’orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 12767/12; Cass. n. 12781/03; Cass. n. 13963/02) secondo cui, in materia di collocamento in mobilità e di licenziamenti collettivi, il criterio di scelta adottato nell'accordo sindacale tra datore di lavoro e organizzazioni sindacali può anche essere unico e consistere nella vicinanza al pensionamento.

Tale criterio permette, infatti, di formare una graduatoria rigida e può essere applicato e controllato senza margine di discrezionalità datoriale.

Tuttavia, nel caso in cui sia possibile il mantenimento in servizio di alcuni lavoratori prepensionabili è necessaria una valutazione secondo criteri di buona fede e correttezza della discrezionalità esercitata dal datore di lavoro nella scelta dei lavoratori prepensionabili da licenziare.

In definitiva, “l'astratta ammissibilità dell'unico criterio di scelta dei licenziandi, costituito dai requisiti per il prepensionamento, ed anche l'astratta sua idoneità a costituire oggettiva base di una graduatoria per la scelta stessa, non esonera il datore di lavoro dalla puntuale indicazione delle modalità con le quali tale unico criterio è stato applicato in modo differenziato: con il licenziamento di alcuni e il mantenimento in servizio di altri lavoratori, tutti egualmente prepensionabili”.

D’altra parte, in fattispecie analoga la Corte di Cassazione, con sentenza n. 22898 del 2010, ha ribadito che è possibile che l’unico criterio utilizzato sia quello della prepensionabilità, ma qualora i destinatari del licenziamento collettivo siano solo alcuni dei dipendenti in possesso di tale requisito, occorre una specificazione ulteriore nella comunicazione di cui all'art. 4, comma 9, Legge n. 223/1991.

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