Licenziamento collettivo: sì a procedura limitata solo ad alcune sedi

Pubblicato il 07 maggio 2021

La Corte di cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento collettivo che una società aveva avviato limitando il perimetro della procedura a una parte sola dei dipendenti.

Sono state definitivamente respinte, così, le ragioni che avevano mosso alcuni dei lavoratori licenziati ad impugnare il recesso per violazione dei criteri di scelta e dei requisiti prescritti per la comunicazione di avvio della procedura di riduzione del personale.

Riduzione del personale, comunicazione di avvio della procedura

Con sentenza n. 12040 depositata ieri, 6 maggio 2021 – a cui sono seguite altre quattro analoghe pronunce (da 12041 a 12044), una per ogni lavoratore ricorrente  – la Suprema corte ha convalidato la decisione assunta dalla Corte d’appello di Roma, che aveva accertato la rispondenza della comunicazione preventiva inviata dalla società ai requisiti prescritti dall’art. 4, terzo comma della Legge n. 223/1991.

In essa, erano state illustrate le ragioni della crisi che rendevano necessaria la procedura di licenziamento collettivo per numerosi lavoratori di due divisioni di Roma e dell’unità produttiva di Napoli, con applicazione dei criteri di scelta per comparazione del personale operante con profilo equivalente all’interno di ciascuno dei siti interessati dagli esuberi.

Nella comunicazione, era anche dato conto della conclusione dell’accordo sottoscritto dalle parti sociali.

I giudici di gravame avevano negato che la limitazione della platea degli esuberi ai siti individuati costituisse vizio della procedura di riduzione del personale.

Nella comunicazione di avvio, infatti, era stato spiegato che la scelta era dipesa dalla considerazione dell’ubicazione ad almeno 500 km di distanza delle altre unità produttive, così che si rendeva antieconomico, rispetto alle esigenze riorganizzative della società, un eventuale trasferimento collettivo dei dipendenti al posto dell’operato licenziamento.

Cessazione attività è scelta dell’imprenditore

La Sezione lavoro della Corte di cassazione ha condiviso le argomentazioni contenute nella decisione di merito, ricordando, in primo luogo, che nella verifica di legittimità del licenziamento collettivo occorre muovere da un principio orientativo pacificamente condiviso: la cessazione dell’attività è scelta dell’imprenditore, che costituisce esercizio incensurabile della libertà di impresa garantita dall’art. 41 della Costituzione.

In tale contesto, la procedimentalizzazione dei licenziamenti collettivi che ne derivano, secondo le norme dettate per il collocamento dei lavoratori in mobilità, ha la sola funzione di consentire il controllo sindacale sulla effettività di tale scelta.

Cassazione: legittimo delimitare la platea dei dipendenti da licenziare

A seguire, è stato ricordato l’indirizzo consolidato che afferma la legittimità della delimitazione della platea dei dipendenti da licenziare, qualora il progetto di ristrutturazione si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva; le esigenze tecnico – produttive ed organizzative, infatti, ben possono costituire criterio esclusivo nella determinazione della suddetta platea, purché il datore indichi, nella comunicazione di avvio della procedura, sia le ragioni che limitano i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive più vicine.

E nel caso in esame, la Società datrice, nella predetta comunicazione, aveva specificamente circoscritto il progetto di ristrutturazione e ridimensionamento aziendale alle unità produttive di specie, indicando analiticamente le ragioni ostative ad un’estensione della comparazione al personale impiegato presso le unità non coinvolte da tale progetto.

Accordo sindacale e criteri di scelta

Gli Ermellini, nel testo della decisione, hanno anche rammentato alcuni principi in ordine alla funzione dell’accordo sindacale di determinazione negoziale dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare: i criteri concordati devono avere caratteri di obiettività e di generalità, oltre che di coerenza con il fine dell’istituto della mobilità.

Nel caso di specie, la Corte capitolina, con argomentazione definita dagli Ermellini come “congrua, articolata e attenta a ogni sviluppo della fase negoziale” aveva accertato la conclusione di un accordo della società con le organizzazioni sindacali sulla limitazione di applicazione dei criteri legali alle sole sedi da sopprimere.

Era stata fatta, in tale contesto, corretta applicazione del principio secondo cui, in tema di criteri di scelta, se al datore di lavoro è imposta una valutazione globale, non è escluso che il risultato comparativo possa essere quello di accordare prevalenza ad uno e, in particolare, alle esigenze tecnico -produttive, essendo questo il criterio più coerente con le finalità perseguite attraverso la riduzione del personale.

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