Licenziamento collettivo e criteri di scelta

Pubblicato il 22 settembre 2020

Nell'ordinanza 17 settembre 2020, n. 19416, la Corte di Cassazione afferma che il datore di lavoro può procedere a circoscrivere gli effetti di un licenziamento collettivo ai lavoratori impiegati in una unità produttiva,reparto o settore, al ricorrere delle oggettive esigenze tecnico-organizzative, e purché l'intento sia stato specificato nella comunicazione ex art. 4, comma 3, Legge 23 luglio 1991, n. 223.

In tal senso, il datore di lavoro  dovrà indicare sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell'unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine. Invero, ove nella comunicazione non si faccia rifermento alle specifiche di cui sopra, i licenziamenti intimati saranno illegittimi in ragione della violazione dell'obbligo di indicazione delle oggettive esigenze aziendali.

Altresì, come individuato dalla Corte, nell'ambito della medesima unità produttiva, tra le ragioni che possano supportare il licenziamento collettivo deve escludersi la liceità nel caso in cui detti lavoratori siano occupabili proficuamente in altre attività ovvero in altri reparti dell'impresa.  Parimenti, la delimitazione della platea dei lavoratori destinatari del provvedimento di messa in mobilità ovvero di licenziamento è condizionata agli elementi acquisiti in sede di esame congiunto e che, in difetto, la scelta dovrà interessare i lavoratori addetti all'intero complesso aziendale.

In tal senso, i motivi della restrizione della platea dei lavoratori da comparare devono essere adeguatamente esposti nella comunicazione di cui all'art. 4, comma 3, Legge 23 luglio 1991, n. 223, al fine di consentire alle OO.SS. di verificare la sussistenza delle ragioni che determinano l'esubero del personale e le unità lavorative che l'impresa intende concretamente espellere.

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