Le norme sul licenziamento collettivo richiedono che, in assenza di rappresentanze sindacali aziendali, il datore comunichi l’avvio della procedura di mobilità a tutte le associazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi applicati nell’unità produttiva nonché alle associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti, quali rappresentanti dei lavoratori in azienda.
Sulla scorta di questo assunto, la Corte di cassazione ha confermato la decisione di secondo grado con cui era stata dichiarata l’inefficacia di un licenziamento intimato ad una lavoratrice a seguito di procedura di mobilità ex Legge n. 223/1991, la cui comunicazione di avvio era stata limitata alle sole associazioni di categoria presenti sul territorio.
In particolare - aveva rilevato la Corte d’appello – nel caso in esame, in assenza di RSU e RSA, la limitazione della comunicazione alle sole associazioni sindacali presenti sul territorio comunale era da ritenere arbitraria.
Questo in quanto un così circoscritto ambito territoriale “non teneva conto della rilevanza quantomeno provinciale delle problematiche afferenti una procedura di mobilità e del sicuro criterio di rappresentatività costituito dalla sottoscrizione di accordi collettivi applicati in azienda, laddove la norma faceva riferimento ad una dimensione nazionale”.
Alla violazione dell’obbligo di comunicazione alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, per illegittima esclusione di alcune di esse mediante un criterio d’individuazione arbitrario o comunque eccessivamente limitato, conseguiva l’inefficacia del licenziamento intimato alla lavoratrice.
E la Suprema corte – sentenza n. 17234 depositata il 22 agosto 2016 - ha respinto i motivi di doglianza sollevati dalla datrice di lavoro, ritenendo la decisione impugnata “perfettamente aderente” al testo delle disposizioni legislative in materia di licenziamenti collettivi.
Rispetto a detta materia, la Corte di legittimità ha sottolineato come se anche sia da escludere ogni sindacato di merito da parte del giudice adito in ordine alle cause comportanti la riduzione di personale, vada comunque rispettato con rigore il dettato normativo sulla specifica procedura.
E in particolare, i giudici di Cassazione hanno ricordato come con la Legge n. 223/1991 siano state previste “puntuali, complete e cadenzate procedimentalizzazioni” dei provvedimenti datoriali di licenziamento collettivo, messa in mobilità e cassa integrazione.
Senza contare le ultime modifiche legislative introdotte per effetto della sentenza della Consulta n. 231/2013, ai sensi della quale il dato sostanziale della rappresentatività non può essere eluso da elementi meramente formali quali, da un lato, la sola formale sottoscrizione dell’accordo oppure, dall’altro, la sola mancata sottoscrizione del contratto da parte di un sindacato che abbia partecipato alle relative trattative grazie alla sua rappresentatività.
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