Lettera di contestazione disciplinare inefficace se consegnata in “busta chiusa”

Pubblicato il 19 marzo 2019

Non si perfezionano gli effetti della contestazione disciplinare da parte del datore di lavoro, se la lettera contenente il provvedimento viene semplicemente consegnata a mano in “busta chiusa”, e il lavoratore si rifiuta di riceverla. Ciò vale anche se la consegna avviene sul posto di lavoro. È necessario, infatti, che il datore di lavoro stesso, o un delegato dell’azienda, legga il contenuto della lettera. Solo in questo modo può dirsi esperito il tentativo di irrogare la contestazione disciplinare.

È il principio di diritto stabilito nella sentenza n. 7306 del 14 marzo 2019, emessa dalla Corte di Cassazione.

Lettera di contestazione disciplinare, il caso

Nel caso di specie, il datore di lavoro ha inflitto ad un dipendente reo di essersi assentato dal luogo di lavoro per un periodo di 8 giorni, una sanzione disciplinare consistente in una sospensione di 10 giorni dal servizio.

La comunicazione del provvedimento disciplinare è avvenuta mediante consegna brevi manu della lettera al dipendente durante l’orario di lavoro. Questi si è tuttavia rifiutato di ricevere l’atto. Il datore di lavoro ha ugualmente applicato la sanzione, sospendendo il lavoratore per 10 giorni.

Il dipendente ha, quindi, proposto ricorso dinnanzi al Tribunale di Milano, per ottenere la dichiarazione di illegittimità della sanzione disciplinare. La Corte d’Appello ha dato ragione al dipendente poiché, secondo i giudici, il provvedimento non era stato consegnato in modo regolare. Questa prima decisione è stata annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione, in quanto il rifiuto del dipendente è stato considerato illegittimo. La Corte d’Appello ha nuovamente annullato la sanzione disciplinare, sostenendo che non è stata fornita prova dell’avvenuta consegna del documento al lavoratore.

La questione è così finita, di nuovo, nelle aule della Corte di Cassazione.

Lettera di contestazione disciplinare, la sentenza

Questa volta i giudici di seconda istanza della Suprema Corte hanno confermato l’inefficacia della modalità di consegna della lettera utilizzata dal datore di lavoro. Secondo gli Ermellini, la mera consegna di una "busta chiusa", non accompagnata dal tentativo di darne lettura, non consente al destinatario di accertare quale sia l’oggetto della comunicazione. Va da sé che ciò impedisce il perfezionamento della notifica manuale.

A conferma dell’incompletezza della comunicazione, i giudici rilevano come la stessa società abbia poi ritenuto necessario notificare la missiva contenente la contestazione al lavoratore, in data successiva, per il tramite dell'ufficiale giudiziario.

Ne deriva che la consegna a mano di un atto al dipendente - sia esso una contestazione disciplinare o un licenziamento - deve essere sempre accompagnata dal tentativo di lettura del contenuto. Se il dipendente si rifiuta, bisogna comunque dargliene un’informativa sommaria.

Infine, i giudici di seconda istanza hanno ritenuto, tra l’altro, sproporzionata la sanzione comminata al dipendente, in quanto la società ha errato anche nel calcolo dei giorni di assenza ingiustificata del lavoratore dal servizio. La stessa, infatti, non ha considerato che tra gli otto giorni contestati erano compresi i giorni di Pasqua e Pasquetta, per i quali non doveva richiedersi l'autorizzazione alle ferie, trattandosi di giorni festivi.

 

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