L’imprenditore fallito si libera anche dai debiti Iva. La riforma fallimentare, nella parte che prevede l'esdebitazione, è oggetto di disamina da parte della Corte di giustizia Ue.
Il beneficio della liberazione dei debiti non onorati, ossia l'esdebitazione, al termine di una procedura fallimentare, è concessa alla persona fisica in presenza di particolari requisiti oggettivi e soggettivi.
La probità e la lealtà del debitore fanno la differenza per il beneficio della procedura di esdebitazione ai debitori in buona fede.
Lo scopo è di premiare l’imprenditore, persona fisica, che ha conservato una condotta corretta, anteriormente all’apertura della procedura concorsuale e durante la medesima, per consentirgli di essere liberata dai debiti non liquidati in esito alla procedura fallimentare cui tale persona è stata sottoposta, affinché quest’ultima possa riprendere un’attività imprenditoriale.
Concomitante o successiva alla procedura fallimentare, l’applicazione della procedura di esdebitazione presuppone che il patrimonio del debitore sia stato totalmente liquidato e che la ripartizione tra i creditori dell’attivo risultante da tale liquidazione non abbia permesso di soddisfare l’integralità dei debiti. L’esdebitazione può essere concessa solo qualora i creditori concorsuali siano stati soddisfatti almeno in parte.
Debiti Iva dentro l'esdebitazione
L'azzeramento dei debiti non prevede espressamente, nella riforma fallimentare italiana, i debiti Iva, che però non sono neanche espressamente esclusi.
Ora, la Corte di giustizia Ue - con la sentenza nella causa C-493/15 – risponde alla questione sollevata con due domande dalla Cassazione:
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