Legge Stabilità: compensazione crediti per avvocati

Pubblicato il 11 febbraio 2016

A decorrere dall'anno 2016, è consentito agli avvocati che vantino crediti verso l’Erario per la liquidazione degli onorari derivanti dal patrocinio a spese dello Stato, compensare tali somme con quanto dagli stessi dovuto per imposte, tasse e contributi previdenziali (con i limiti che di seguito si illustreranno).

E’ questa la rilevante novità di cui alla Legge di Stabilità 2016 (legge n. 208/2015) - contenuta nel comma 778 del suo unico articolo - attraverso la quale viene introdotta, per l’avvocato, una modalità alternativa di pagamento delle tasse, imposte e contributi; ossia, non direttamente con il versamento di quanto dovuto, ma con la cessione dei crediti derivanti dalla liquidazione dei compensi all'ente o all'articolazione dello Stato nei confronti del quale l’avvocato è debitore (che non necessariamente corrisponde a quella tenuta a liquidargli la prestazione svolta al cittadino ammesso al gratuito patrocinio).

E’ noto che il Dpr 115/2002 sulle spese di giustizia ha assicurato al cittadino non abbiente la possibilità di nominare un avvocato di fiducia che lo difenda in giudizio, il quale, terminato il processo, si rivolgerà allo Stato per il pagamento dei suoi onorari. A tal fine si considera “non abbiente” – dunque ammesso al gratuito patrocinio – colui che riesca a dimostrare, anche mediante autocertificazione, di percepire un reddito annuo non superiore a 11.528,41 euro, eventualmente elevato di 1.032,91 euro per ciascun familiare convivente.

Il legale che svolge la sua prestazione in favore del cittadino ammesso al gratuito patrocinio, presenta un’istanza di liquidazione al giudice che ha proceduto, il quale calcola le spettanze ed emette un decreto che costituisce titolo di pagamento azionabile nei confronti dell’Erario. Ma spesso accade che il professionista debba attendere molto tempo prima di vedersi corrispondere il proprio compenso dalla pubblica amministrazione.

Compensazione crediti mediante cessione

Anche per ovviare a ciò, il menzionato comma 778 Legge di Stabilità 2016, ha per l’appunto stabilito che, a decorrere dal 2016, entro il limite di spesa massimo di 10 milioni di euro annui, gli avvocati che vantino crediti per spese, diritti ed onorari sorti ai sensi degli artt. 82 e ss. testo unico in materia di spese di giustizia (D.p.r. 115/2002), in qualsiasi data maturati e non ancora saldati, sono ammessi alla compensazione con quanto da essi dovuto per ogni imposta e tassa (compresa l’Iva) o per il pagamento di contributi previdenziali in favore dei dipendenti, mediante cessione anche parziale dei predetti crediti entro il limite massimo, pari all'ammontare dei crediti stessi aumentato dell’Iva e del contributo previdenziale per gli avvocati.

Compensazione anche parziale

La compensazione (che non è automatica ma va richiesta) è ammessa dunque anche parzialmente, ovvero limitatamente ad una parte di quanto dovuto a titolo di imposta, tassa o contributi previdenziali per i dipendenti, ed entro – si ribadisce – il limite massimo pari all'ammontare dei crediti aumentati dell’Iva e del contributo previdenziale per avvocati.

Esenzione da imposta di registro e bollo

E’ inoltre prevista per tali cessioni, l’esenzione da ogni imposta di registro e di bollo onde non sovraccaricarle – nello spirito del legislatore – di ulteriori oneri fiscali.

Niente compensazione se c’è opposizione

E’ possibile compensare solo crediti definitivi, liquidati all'avvocato dall'autorità giudiziaria procedente mediante decreto di pagamento.

Per tale ragione non è ammessa cessione né compensazione per quei crediti derivanti da decreto avverso cui sia stata proposta opposizione ai sensi dell’art. 170 testo unico sulle spese di giustizia, che rimanda a sua volta ad uno speciale giudizio di impugnazione introdotto con D.Lgs. 150/2011.

La ragione di tale previsione risiede nel fatto che l’eventuale pendenza di un giudizio di impugnazione (proposta dalle parti, dal Pm o dallo stesso avvocato), comporta la possibilità che il decreto di pagamento - pur esecutivo ma non irrevocabile - venga modificato in tutto o in parte, rendendo incerti sia l’entità delle somme dovute al professionista sia gli esiti della compensazione da lui richiesta. La scelta prudenziale del legislatore, dunque, è quella di ammettere la cessione nel momento in cui non sia stata presentata alcuna opposizione da parte dei soggetti legittimati e quindi, quando l’ammontare del credito sia certo.

Debiti compensabili, esclusi i contributi alla Cassa forense

Non vi è alcun limite quanto alla tipologia di debiti fiscali con cui è possibile compensare i crediti degli avvocati. Per ogni imposta e tassa (Iva compresa) è ammessa la compensazione, oltre che per debiti per il pagamento dei contributi previdenziali in favore dipendenti.

Sono tuttavia esclusi i crediti previdenziali dovuti dagli avvocati alla Cassa nazionale forense. E ciò si desume – come spiega la stessa Cassa previdenziale con nota di precisazione del 15 gennaio 2016 – dal tenore letterale della norma, che fa esclusivo riferimento ai contributi previdenziali dovuti all’Inps per i dipendenti degli studi professionali e non anche a quelli dovuti dai professionisti alla Cassa forense.

Decorrenza

Infine, la Legge di stabilità non introduce una misura una tantum – fissando il tetto massimo di copertura per le operazioni di compensazione pari ad euro 10 milioni annui – ma utilizza la generica formula “a decorrere dal 2016”, come ad indicare che la misura introdotta sarà stabilizzata nel corso dell’anno e presumibilmente rifinanziata per gli anni a venire.

Quadro Normativo

Legge 28 dicembre 2015 n. 208;

D.p.r. 30 maggio 2002 n. 115

 

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