L'efficacia dell'intervento prevale sul “consenso”

Pubblicato il 22 gennaio 2009

Le Sezioni unite penali della Corte di cassazione, con sentenza del 18 dicembre, la n. 2437, hanno assolto dall'accusa di lesioni personali e violenza privata un medico che, durante un intervento di semplice laparoscopia, aveva dovuto asportare una tuba alla paziente. Con la pronuncia, i giudici di legittimità hanno inteso sottolineare l'importanza dell'autolegittimazione dell'attività medica come professione di “pubblica necessità” che non ha bisogno, per legittimarsi, di una scriminante tipizzata, quale il consenso del paziente al trattamento. Vanno sempre bilanciati, in questi casi, sia il diritto del malato di scegliere di curarsi, e come curarsi, sia quello del medico che non può rimettere alla volontà del paziente ogni tipo di scelta sull'intervento sanitario. Secondo la Corte, in particolare, il chirurgo può sottoporre il paziente a un trattamento diverso e più invasivo, rispetto a quello autorizzato, ed anche in mancanza del consenso, senza incorrere in responsabilità penale, quando l'intervento abbia poi prodotto “un beneficio per la salute” di chi lo ha subito.

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