Le strategia del Fisco per accertare l’intento evasivo del venditore nelle compravendite immobiliari

Pubblicato il 22 novembre 2010 Nell’ambito degli accertamenti eseguiti sulle compravendite immobiliari, un problema particolarmente sentito è quello di stabilire con esattezza il valore reale dell’immobile acquisito dal costruttore.

Il problema si è accentuato dopo che la legge comunitaria 88/2009 ha abolito il valore legale dei prezzi registrati dall’ OMI (Osservatorio del mercato immobiliare). A questo punto, quindi, il Fisco per determinare con precisione il prezzo di un appartamento deve prendere in considerazione tutta una serie di indizi e, una volta arrivato alla sua determinazione, può, per analogia, estenderlo anche a tutti gli altri immobili cosiddetti “gemelli”.

Scopo dell’Amministrazione finanziaria è quello di scoprire tutti i casi in cui il prezzo di compravendita indicato nel rogito notarile è inferiore a quello reale, tanto che per il venditore si ipotizza un’evasione dell’Iva e delle altre imposte dirette.

Prima dell’intervento della legge comunitaria citata, la questione risultava molto più semplice. Bastava notare una discrepanza tra il valore indicato sul rogito e quello delle quotazioni Omi per far scattare l’accertamento fiscale. Ora, l’abolizione della presunzione legale attribuito alle quotazioni Omi - che sono state declassate a presunzioni semplici - ha reso più difficile l’operato degli uffici del Fisco, dal momento che l’eventuale difformità corrispettivo di cessione e il valore normale non può più legittimare accertamenti automatici in capo alle imprese.
 
Gli ispettori fiscali, pertanto, devono porre in essere delle vere e proprie strategie per accertare che il minor prezzo indicato sottointenda la volontà evasiva del venditore. L’ufficio è, dunque, tenuto ad effettuare una serie di controlli mirati che spaziano dall’analizzare l’importo del mutuo, al confronto tra  rogito/mutuo, fino ad esaminare il conto corrente del compratore e, a volte, quello dei suoi familiari.
 
In tutti i casi in cui emerge una discrepanza tra il mutuo richiesto e il valore riportato nel rogito, le Entrate possono richiedere come prova anche la perizia contenuta nel fascicolo del mutuo. Questa, infatti, indica il valore dell’immobile su cui calcolare la percentuale di finanziamento. Oppure, può essere utile esaminare il preliminare di compravendita, in cui potrebbe essere stato indicato il prezzo reale dell’immobile ai fini dell’ottenimento del mutuo. Infine, se si constata la sottofatturazione per importi che superano le soglie di rilevanza penale previste dal reato di dichiarazione infedele (articolo 4, Dlgs n. 74/2000), scatta l’obbligo di segnalare tale circostanza alla procura della Repubblica competente. Cioè, la constatazione dell’imposta evasa fa scattare l’ipotesi di reato, che poi, ovviamente, resta da provare.
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